I Club degli Alcolisti: istruzioni per l’uso parte II°

Nei Club degli Alcolisti si sceglie: non bere è una scelta per tutta la famiglia.

Le famiglie dei club, scelgono di non bere e di non tenere nella propria casa bevande alcoliche.

È un atto di solidarietà e di condivisione ma è anche una scelta concreta di promozione e protezione della salute di ogni membro della famiglia.

Perché come si scoprira nel scuola alcologica territoriale, bere è sempre e comunque un comportamento a rischio, una minaccia per la salute di ciascuno di noi.

Non tenere alcolici in casa può sembrare cosa di poco peso in un mondo dove l’alcol è  sempre presente.

Non è così.

E’ una scelta importante perché indica che nella vita della nostra famiglia è stata presa una decisione, una decisione di cui possiamo tranquillamente essere orgogliosi.

È una scelta che promuove la salute e  nel nostro caso diminuisce anche i rischi di ricaduta.

Cosa si fa nei Club:

Cosa succede durante i nostri incontri settimanali ?

Ogni famiglia parla dei fatti, dei problemi, delle gioie ,dei dolori della settimana della sua vita.

Li portiamo all’attenzione ed alla discussione di tutti perché tutti possano dare il loro contributo.

Inoltre ogni famiglia parlando di se  e delle proprie esperienze ed opinioni  da la possibilità alle altre famiglie di trovare eventuali risposte valide anche per loro.

In questo parlare di quotidianità, di cose tristi, di questo scambiarsi pezzettini di vita  e di esperienza, opinioni, stimoli e confronti sta la vita del club.

Parliamo del presente  progettando il futuro e lasciamo il passato nei cassetti perché continuare a ricordarlo non serve.

Qui ed Ora

Il passato per quanto ne possiamo parlare non cambierà di sicuro.

In questo modo si crea l’empatia, una atmosfera  di solidarietà e di amicizia tra tutti noi, dove comunicare diventa più facile e bello, dove sei sempre accolti e mai giudicarti.

Ci si sente uniti.

Si capisce che il nostro problema ha toccato anche altre famiglie.

Si confrontano esperienze si partecipa ai cambiamenti degli amici e si tocca con mano che tornare  alla vita è possibile: questo è segreto dei club.

Frequentando il Club Capiamo che:

Voi che siete appena arrivati al club avete già sicuramente capito di essere entrato in una grande famiglia che vuole cambiare stile di vita, che vuole trovare in ciascuno il sorriso e la gioia.

Per ottenere questo ci sono alcune cose molto semplici da fare, cose che prima di arrivare a casa quasi sempre avevamo dimenticato.

Anzitutto sapersi mettere in discussione con se stessi e con gli altri.

Per molti è una grande fatica ma se non riusciamo a farlo resteremo chiusi nostri gusci e la nostra vita non cambierà.

Tutto questo significa un grande rispetto per le storie di tutti.

Il Club non è un tribunale proprio per questo non ci troviamo bene perché sappiamo che gli amici non ci giudicano ne tantomeno ci condannano.

rispettare le storie ciascuno vuol dire anche che tutto quello che viene detto club rimane nel club e questo ci fa sentire liberi di poter dire se vogliamo anche cose molto intime e personali.

All’inizio alcuni pensato che la loro frequenza al club serve al familiare Che più direttamente ha il problema con l’alcol.

Con il  tempo capiamo che siamo tutti al club anzitutto per noi stessi, per maturare il nostro personale cambiamento e che solo così potremo favorire il cambiamento del nostro familiare loro e nostro.

Nella vita i problemi possono ripresentarsi.

Vedrete famiglie che fanno i passi indietro,

famiglia che interrompono la frequenza club,

famiglie che fanno molta fatica a trovare la strada giusta per cambiare.

I club esistono  principalòmente per queste famiglie.

Quando una famiglia è in difficoltà, le altre del club si danno da fare per starle vicino per far sentire la solidarietà andando a visitarle, telefonando e convincendole a ritornare.

Un sorriso, la presenza, dirti che non siamo soli … sono tutti atteggiamenti che possono fare stare bene.

Quando iniziamo a frequentare il club, sappiamo di avere iniziato un percorso e sappiamo che cambiare sarà possibile.

Sappiamo anche che ciascuno ed ogni  famiglia ha  tempi  di risposta diversi che vanno rispettati.

Soprattutto sappiamo che quanto non è successo sino quel punto può succedere il giorno successivo.

E che il tempo è dalla nostra parte, che è una risorsa su cui dobbiamo imparare a contare.

La multidimensionalità della sofferenza

Molto spesso in una famiglia  i problemi alcolcorrelati non sono soli.

Nelle famiglie quasi sempre problemi si sommano e si intrecciano.

E’ il concetto della multidimensionalità della sofferenza.

Noi li chiamiamo problemi complessi.

Questo significa che il club è naturalmente aperto alle famiglie che presentano nello stesso membro  o in altri membri della famiglia altri problemi oltre a quello legato all’alcol (es. problemi psichici o del comportamento, uso di sostanze, ludopatia)

Una complessità che rappresenta la vita Diversità che alla fine scopriam seo essere una ricchezza.

Il servitore-insegnante

Il servitore è un membro del club che ha un suo ruolo specifico.

Quello di facilitare, stimolare quando serve la comunicazione interazione.

Il Servitore del nostro club non viene dirigerci  o a dirci cosa dobbiamo fare o a prendere decisione al posto nostro.
E naturalmente anche  il Servitore come ogni  altro membro partecipa alla vita del club innanzitutto per sè stesso.

Il servitore è al servizio delle famiglie e si dice che è anche insegnante in quanto prende parte alle scuole di aggiornamento periodiche.

Due concetti importanti:

Il Prof. Hudolin rimane in chi lo ha conosciuto un grande maestro di vita.

Hudolin ha fatto conoscere il  concetto di club e ne ha stimolato guidato la crescita con tante intuizioni geniali.

Tra le tante 2 sono particolarmente importanti:

  • L’Approcio ecologico sociale
  • La Spiritualita Antropologica

Tutto il Metodo Hudolin si basa su questi due pilastri.

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie psicodinamiche

Nell’ambito delle teorie psicodinamiche e della psicanalisi in particolare gli autori hanno proposto ipotesi sulle possibili cause dell’alcolismo all’interno della propria metapsicologia di riferimento.
Fino agli anni ’70 Gli autori psicoanalitici che operavano all’interno del modello pulsionale hanno attribuito importanza eziologica alla rimozione, al conflitto sessuale aggressivo e alla funzione regressiva e di gratificazione libidica connesse soprattutto agli aspetti simbolici della sostanza e del modo in cui viene assunta (Khantizian, 1990)
Freud (1905) nei , afferma che in alcuni bambini via un’intensificazione costituzionale della sensibilità erogena della regione labiale e “se tale importanza persiste questi bambini e uomini avevano un forte motivo per bere e fumare” (pag. 66 tra. it. 1975).
Freud vede l’alcol come un sostituto il libidico oggettuale per una gratificazione orale; rileva negli alcolisti anche una certa debolezza dell’Io che è dominato dal principio del piacere e dalla necessità di accrescere la propria autostima narcisistica.

Nel 1929, nel libro Il disagio della civiltà, Freud descrive l’intossicazione come un modo per evitare il dispiacere fuggendo dal mondo esterno e in qualche modo include nell’eziologia del bere influenze ambientali più ampie e non limitate alle vicende infantili che possono aver determinato una fissazione allo stadio orale: gli effetti prodotti dagli inebrianti nella lotta per conquistare la felicità e per difendersi dalla miseria vengono considerati talmente benefici che gli individui e popoli hanno loro riservato un posto ben preciso nel loro economia libidica.

Dobbiamo ad essi non solo l’acquisto immediato di piacere ma anche una parte ardentemente agognata, d’indipendenza dal mondo esterno. C

Con l’aiuto dello Scacciapensieri sappiamo dunque di poterci sempre sottrarre alla pressione della realtà e trovare riparo in un mondo nostro, che ci offre condizioni sensitive migliori (pag. 570 trad. it. 1978).

Freud, ed altri autori come Abraham, Fenichel, Knight hanno rilevato anche il potere disinibente dell’alcol: il super-Io è solubile nell’alcol (Zimberg, 1982)

Anche Abraham (1916) parla di bramosia orale e ricerca di benessere.

Per Rado (1933) la gratificazione orale è un fattore importante e nella personalità dipendente assume la funzione di una difesa maniacale per contrastare sentimenti depressivi.

Rosenfeld (1965) all’interno della metapsicologia kleiniana delle relazioni oggettuali, considera l’uso di alcol un modo di evitare angoscie depressive e persecutorie in persone ferme nella posizione schizo-paranoide che sono portate a vivere la sostanza alternativamente come tutta buona o tutta cattiva.

Nel primo caso attraverso il bere si avrà l’incorporazione di un oggetto buono che avrà l’effetto di rafforzare le difese maniacali e di estromettere la parte negativa del Sè, nel secondo caso, incorporazione di una sostanza cattiva e aggressiva e l’identificazione con essa produrra sentimenti di colpa e avrà l’effetto di accrescere istinto di morte.
(Teorie Psicodinamiche)

Zimberg (1982) propone un modello che partendo dalla distinzione tra alcolista primario (che non ha disturbi psichiatrici) e alcolista secondario (alcolismo come conseguenza di un disturbo psichiatrico) riconosce una particolare costellazione psicologica e ruolo di fattore chiave nello sviluppo dell’alcolismo.

Secondo l’autore rifiuti subiti nell’infanzia, l’iper protezione o una che responsabilizzazione precoce inducono scarsa autostima e sentimenti di inadeguatezza che, se negativi, portano ad un eccessivo bisogno inconscio di dipendenza con intense richieste di calore e nutrimento che non possono essere soddisfatte nella realtà.

Queste richieste rifiutate generano ansia che a sua volta porta allo sviluppo di un bisogno compensatorio di grandezza come meccanismo di difesa.

A questo punto predisposizioni genetiche fattori socio-culturali possono contribuire alla scelta dell’uso di alcol che accresce, temporaneamente, il senso di potere o di successo compensatorio innescando un circolo vizioso che può condurre all’alcolismo (Zimberg, 1982).

Le formulazioni più recenti soprattutto nell’ambito della psicologia del Sè sottolineano la vulnerabilità delle strutture dell’Io e del Sè e deputate alla regolazione dell’autostima, all’autocura e alla capacità di relazionarsi con gli altri (Kantzian, 1990).

Kohut (1977 )sostiene che l’individuo soffre a causa di un deficit del Sè e cerca la droga, che sente come capace di curare il difetto centrale, la sostanza diviene così il sostituto di un oggetto-Sè fallimentare. L’Ingestione della droga costringe simbolicamente l’oggetto-Sè rispecchiante ad amarlo ed accettarlo.

In altri casi la droga fornisce agli individui l’autostima che non possiedono (il sentirsi accettato e sicuro di sè) oppure il senso di fusione con una forte fonte di potere che lo fa sentire forte e meritevole.

Tutti questi effetti della droga accrescono nel individuo il sentimento di essere vivo e la certezza se esistere.

Per Khantzian (1977) un modello eccessivamente pulsionale, con tutta l’enfasi posta sulla gratificazione libidica connesso all’uso di droghe, ha impedito i primi autori psicoanalitici di sviluppare pienamente importanti osservazioni cliniche.

Il modello dell’automedicazione da lui proposto sostiene che le persone fanno uso di droghe come auto-cura per la sofferenza psicologica che deriva da deficit nelle strutture dell’Io e del Sècoinvolte nella regolazione di 4 aree principali:

a) accesso, tolleranze rivoluzione dei sentimenti
b) gestione delle relazioni
c) autocura
d) di autostima
I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Medico
I modelli teorici per i problemi alcolcorrelati:l’approcio ecologico-sociale
I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Morale 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie Cognitivo Comportamentali

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: approcio familiare sistemico

tratto da: Modelli teorici per i problemi alcolcorrelati, l’approcio ecologico-sociale ai  problemi alcolcorrelati e complessi di Vladimir Hudolin e la psicologia di comunità – G. Guidoni e A. Tilli

 

Le Malattie dell’alcol: lo Stato di Ebbrezza Patologica

Alterazioni nervose e psichiche in conseguenza dell’ alcolismo.

Lo stato di ebbrezza patologica.

A parte l’ubriachezza acuta dell’alcolista, nella letteratura viene molte volte descritta una ubriachezza detta patologica, nonostante questo termine possa far nascere un ambiguità.

Se esiste un ubriachezza patologica, infatti, si potrebbe presupporre l’esistenza anche di un’ubriachezza che non lo sia, nonostante che tutte le ubriachezze rappresentino una condizione patologica.

Malgrado altri termini proposti per questo quadro clinico, il termine ebbrezza patologica continua ad essere usato nella letteratura medica, e bisogna mantenerlo finché non se ne trova uno migliore.

Si tratta di una ubriachezza acuta e pericolosa, caratterizzata da gravi disturbi psichici della persona ubriaca.

Può manifestarsi nella persona che si ubriaca per la prima volta e nei bevitori moderati, ma più spesso nello stato di ebbrezza dell’alcolista.

Lo stato di ebbrezza patologico si può verificare già dopo le assunzioni di una quantità di alcol relativamente piccola.

I disturbi principali consistono in uno stato confusionale, in un marcato comportamento aggressivo ed in una successiva amnesia totale o almeno parziale di tutto quanto è successo durante lo stato di ebbrezza patologico.

Il pericolo che deriva da una tale persona è particolarmente grave, tanto più che l’ubriaco in un tale stato non sempre manifesta chiari segni esteriori di uno stato di ebbrezza, oppure di un comportamento anormale.

Lo stato di ubriachezza patologico si conclude di solito con il sonno, per quale l’ammalato si sveglia dopo alcune ore e non ricorda nulla di quanto è successo, oppure lo ricorda sono in parte.

In questo stato la persona ubriaca può avere un attacco epilettico.

Non si è tutt’ora stabilita la causa per cui lo stato di ebbrezza patologico si verifichi in alcune persone e altre no.

Alcuni ritengono che la causa sia la predisposizione di certe persone.

Tratto da: ‘ Vincere l’Alcolismo’ – una moltitudine di esistenze bruciate, la pace perduta di molte famiglie, un nemico sottovalutato. La necessita di conoscere ciò che si deve sconfiggere- Vladimir Hudolin (1993)

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Morale

Il primo modello teorico che propone un’eziologia e un trattamento per problemi connessi all’uso di alcool è il modello morale che ha dominato per tutto XIX secolo.
Tale modello attribuisce il bere eccessivo o ubriachezza a deficit della responsabilità personale o della forza spirituale.
Il dottor Benjamin Rush nel 1785 considerava l’ubriachezza come “una malattia della volontà“.
Rush prescriveva come cura l’astensione immediata e totale del delle bevande alcoliche e riteneva che l’alcolista fosse una vittima della diffusa e approvata usanza sociale di bere sostanze che provocano dipendenza ( Rush 1970).
Secondo Levine (1979) nel lavoro di Rush apparve per la prima volta il concetto di dipendenza (Addiction) e questo rappresentò l’avvento di un nuovo paradigma che segna una rottura con le precedenti concezioni secondo le quali le persone bevevano e si ubriacavano perché lo volevano e non perché erano in qualche modo costrette (Levine, 1979).

Da queste idee, verso la fine del XVIII secolo, negli Stati Uniti, nacque il Movimento di Temperanza e durante il XIX secolo si sviluppano varie organizzazioni di astinenti, come l’Esercito della Salvezza e l’Organizzazione Internazionale dei Buoni Templari, che si battevano contro la produzione, la diffusione e consumo di bevande alcoliche.
Queste associazioni fondavano anche degli asili dove gli alcolisti potevano ricevere trattamenti specifici.
Tuttavia, con il diffondersi dell’industrializzazione, l’accento fu spostato sugli effetti negativi dell’alcol legati agli incidenti sul lavoro, al costo per i lavoratori e le loro famiglie soprattutto sul ruolo del bar come luogo di nascita del crimine e dell’immoralità.

L’alcolista fu visto sempre meno come una vittima e sempre più come una minaccia per la comunità e l’ideologia dei vari movimenti di temperanza divenne più estrema e si orientò verso il Proibizionismo.

L’applicazione del proibizionismo ebbe il suo culmine negli Stati Uniti con l’approvazione del 18° emendamento della Costituzione che vietò la produzione, la vendita ed il consumo di alcolici dal 1919 al 1933, anno in cui fu abolito perché, nonostante ci fosse stata un’effettiva riduzione del consumo di alcol (alcolismo) e dei problemi alcol-correlati questa legge aveva creato più problematiche di quante ne avesse risolte ( contrabbando, mala vita, ecc.).
Alcuni autori preferiscono considerare il modello di Temperanza come distinto dal modello morale, in quanto il primo vede
l’alcol come una droga pericolosa da consumare in ogni caso con cautela, mentre il secondo vede nella debolezza dell’individuo la causa dei problemi legati al consumo di alcol.

Altri distinguono il modello morale in due sotto modelli: un modello morale  (dry) asciutto che considera l’alcol come una sostanza nociva e quindi comunque inaccettabile ed un modello morale (wet) bagnato per il quale gli alcolisti sono persone che non obbediscono alle regole di un modo di bere socialmente accettabile (Hester, Sheeby 1990).

Il Modello Morale ha dominato nel 1800 ma non ha cessato del tutto di influenzare il pensiero sul fenomeno.

Infatti ancora oggi, sia nel linguaggio comune che in quello professionale, vengono usati termini come vizio, colpa ed alcolizzato con la sua connotazione dispregiativa.

Negli ultimi duecento anni la definizione dell’alcolismo si è del resto modellato sugli sviluppi del pensiero sulla devianza in generale e sulla malattia mentale in particolare.

Fino al XX secolo, malattia mentale e ubriachezza abituale (alcolismo) erano entrambe attribuite a un fallimento nel regolare se stessi e di conseguenza erano utilizzati trattamenti morali e repressivi nell’intento di ricostruire il potere di autocontrollo attraverso la disciplina, la routine e il duro lavoro ( Hudolin, 1991; Levine, 1979).

Si veda anche il ‘Modello Medico

 

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie Cognitivo Comportamentali

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: approcio familiare sistemico

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie psicodinamiche

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Medico

 

Tratto da: Modelli teorici per i problemi alcolcorrelati, l’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi di Vladimir Hudolin e la psicologia di comunità – Guido Guidoni e Angela Tilli

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie della personalità

Teorie della personalità

L’idea che le caratteristiche di personalità abbiano un ruolo nello sviluppo di problemi legati all’uso di alcol ha una lunga tradizione a partire dal concetto di degenerazione presente nelle Teorie del XIX secolo (Peel, 1990).

Tuttavia nonostante l’enorme mole di ricerche, non è stato possibile definire una personalità alcolica o analcolica.

La maggior parte degli studi concordano sul fatto che le strutture di personalità delle persone alcoliste sono molto diverse tra loro (Rigliano, 2004).

Tuttavia sono state condotte molte ricerche con l’obiettivo di individuare tratti di personalità correlati all’uso di alcool.

McCelland e colleghi (1972), hanno studiato l’alcolismo in relazione il bisogno di potere con il Thermatic Apperception  Test (TAT), evidenziando in studenti di college forti  bevitori un elevato bisogno di potere.

Ma i risultati non sono stati replicati e altri tratti come l’impulsività e la personalità antisociale sembrano descrivere meglio i ‘bevitori problematici’ (Peele, 1990).

Dall’ampio uso del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (mmpi) sono stati fatti numerosi sforzi per cercare una sottoscala del test che correlasse con l’alcolismo.

La scala che ha avuto più sviluppo stata la Mac scale elaborata da Craig McAndrew.

La scala è stato testata con persone ricoverate in un servizio psichiatrico e in questo ambito mostra una certa validità nel discriminare gli alcolisti dai pazienti psichiatrici.

Il manuale del mmpi-2 riporta che alti punteggi alla Scala Mac, indicano persone estroverse, esibizioniste, e desiderose di correre rischi che possono essere associati ad una può pensione generale alla tossicodipendenza piuttosto che al solo alcolismo ( Hathaway e McKinley 1989).

Poiché non tutti gli alcolisti erano identificati correttamente dalla MC Scale McaAdrew  proppose un di considerare le persone con alti punteggi alla scala come alcolisti primari e quelli non identificati correttamente come secondari.

Studi successivi sembravano confermare la validità di questa proposta e sembrava non esservi delle grandi somiglianze tra l’alcolista primario con punteggi alla scala Mac e l’alcolista Tipo II di Clonninger (Ward eJackson, 1990; Svanum e Ehrman, 1992).

Mcandrew modificò poi la scala nel tentativo di individuare personalità  prealcolica. Creò la SAP /(Substance Abuse Proclivity) Scale che ha mostrato qualche successo nell’identificare giovani bevitori problematici e consumatori di altre droghe.

In ambito cognitivo alcune ricerche della teoria del locus of control di Rotter hanno mostrato che le persone con un orientamento verso l’esterno hanno più probabilità di diventare bevitori  problematici e alcolisti; non tutte le ricerche hanno confermato questo risultato (Rohsenow e O’Leary, 1978).

Gli studi sul concetto di campo-dipendenza elaborato David King e colleghi hanno prodotto risultati consistenti mostrando che gli alcolisti sono più campo- dipendenti dei non alcolisti (Barnes 1979).

Una recente revisione nella letteratura riporta che  le dimensioni di personalità maggiormente associati alle dipendenze sono: sensation-seeking, personalità antisociale e novelty seeking (Lejoyeux, 2004).

Vari sono stati anche i tentativi di creare delle tipologie personologiche di alcolisti a partire dalla classificazione di Jellinek ma nessuno si è dimostrata consistente.

Secondo Girosi (2004) la complessità dell’alcolismo richiede necessariamente un modello eziologico multifattoriale capace di comprendere fattori genetici, processi neurofisiologici, eventi di vita e contesti sociali e culturali: un simile approcio esclude a priori la possibilità di individuare una specifica tipologia di personalità alcolica.

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie psicodinamiche

I modelli teorici per i problemi alcolcorrelati:l’approcio ecologico-sociale

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Medico

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Morale 

Tratto dal lavoro di Guido Guidoni e Angela Tilli: Modelli Teorici per i problemi alcolcorrelati, l’approcio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi di Vladimir Hudolin e la psicologia di comunita.

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie Cognitivo Comportamentali

Teoria cognitivo comportamentale

Nell’area cognitivo-comportamentale un filone importante di ricerca e quello basato sulle teorie dell’apprendimento.

Nel 1968 il National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha pubblicato una monografia intitolata Learning Factors in Substance Abuse.
In questo contesto ‘apprendimento’ si riferisce ai cambiamenti nel comportamento dovuti alle esperienza sia che questi si verifichino a livello dello stile di vita, sia a livello del funzionamento cellulare (Ray, 1988).

L’evidenza che le droghe producono risposte condizionate risale gli studi di Pavlov (1927).

Ricerche successive hanno anche evidenziato che sia la tolleranza sia i sintomi di astinenza possono essere condizionati (Siegal, 1988).

È stato dimostrato che sia stimoli esterocettivi sia stimoli interocettivi elicitare il comportamento di ricerca della sostanza.

Situazioni ambientali precedentemente associata l’assunzione della sostanza, assunzione di una singola dose di alcol, altre persone nel ruolo di modelli, regole ed istituzioni possono tutti influire sul comportamento di uso di alcol.

Spesso questi sintomi agiscono in maniera complessa come quando per esempio, il rinforzo di una risposta in presenza di un certo stimolo è condizionato da un altro stimolo (Bikel e Kelly, 1988).

Secondo Monti (1988) la teoria dell’apprendimento sociale che comprende l’apprendimento rispondente, l’apprendimento operante e certi specifici fattori cognitivi all’interno di una teoria integrata, ha permesso di superare il GAP tra teoria e pratica in particolare nelle applicazioni riferite all’uso di alcool.

La teoria dell’apprendimento sociale evidenziato che gli alcolisti hanno appreso risposte cognitive e comportamentali che li rendono vulnerabili alle situazioni ad alto rischio di ricadute (pressioni interpersonali, stress interpersonali che esistano in rabbia e frustrazione, stati affettivi negativi come depressione noia e la presenza di Steam ID correlati all’alcol e al bere).

Queste reazioni apprese includono:
A aspettative
B abilità di coping
C risposte condizionate gli stimoli commessi dall’alcol al bere.

 

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: approcio familiare sistemico

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie della personalità

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie psicodinamiche

I modelli teorici per i problemi alcolcorrelati:l’approcio ecologico-sociale

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Morale

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Il Modello Medico

I principali modelli teorici per i problemi alcolcorrelati: Teorie Cognitivo Comportamentali

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